Con riferimento alla procedura per il reclutamento dei ricercatori universitari, si è andato consolidando un orientamento giurisprudenziale che ritiene applicabile alle commissioni giudicatrici l’art. 11, d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, che stabilisce che prima dell’inizio delle prove concorsuali, i componenti della commissione, presa visione dell’elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi ed i concorrenti, ai sensi degli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile. La disposizione in questione appare particolarmente rigorosa nel tracciare le cause di astensione, facendo rinvio indifferentemente a tutte le ipotesi codicistiche, senza alcuna distinzione tra cause di astensione obbligatoria e facoltativa.
Ai fini dell’obbligo di astensione nei concorsi universitari, la circostanza che il commissario ed uno dei candidati abbiano pubblicato insieme una o più opere, tenuto conto che la circostanza stessa deve ormai ritenersi, nella comunità scientifica, consueta e, addirittura, fisiologica, rispondendo alle esigenze dell’approfondimento dei temi di ricerca sempre più articolati e complessi, sì da rendere, in alcuni settori disciplinari, estremamente difficile, se non addirittura impossibile, la formazione di commissioni esaminatrici in cui tali collaborazioni non siano presenti. Tuttavia, sussiste l’obbligo di astensione, a salvaguardia di evidenti ed elementari principi di imparzialità e di trasparenza dell’azione amministrativa, nelle ipotesi in cui tali rapporti di collaborazione abbiano rilievo e intensità speciali o in cui sussistano tra i soggetti coinvolti reciproci interessi di natura professionale ed economica, come nel caso in cui la collaborazione scientifica tra un Commissario ed il candidato poi risultato vincitore riguardi la quasi totalità delle pubblicazioni presentate da quest’ultimo.
Il vizio nella composizione dell’organo collegiale chiamato ad adottare la determinazione amministrativa che ha dato luogo alla controversia è assimilabile al vizio di incompetenza, e il riscontro della sua esistenza preclude l’esame degli altri profili di legittimità dell’atto in quanto emanato da un organo privo di titolarità e impone di restituire gli atti all’Amministrazione, in modo che possa senz’altro riesaminare l’intera fattispecie sostanziale. Al riguardo, onde assicurare l’effettività dell’imparzialità ed indipendenza delle operazioni di valutazione, la procedura deve essere rinnovata ad opera di una commissione integralmente ricostituita, con componenti che nemmeno in parte dovranno coincidere con i commissari di cui alla procedura annullata.
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